Giuseppe Ceramicola Pietre in Equilibrio Stone Balancing. 2011

Giuseppe Ceramicola Pietre in Equilibrio Stone Balancing. 2011

Giuseppe Ceramicola Stone Balance

Giuseppe Ceramicola Stone Balance

domenica 1 novembre 2009

Giuseppe Ceramicola

Flash Art - n.256 febbraio marzo 2006


- MUSEO - GIUSEPPE CERAMICOLA -

Prenotazione visite Museo

Note Biografiche Giuseppe Ceramicola è nato ad Ancona, artista e regista indipendente ,operatore nei settori della comunicazione e dello spettacolo, docente all’Istituto Statale d’Arte di Ancona. Fondatore e direttore artistico negli anni 70/80 del Centro Artistico di Sperimentazione Teatro Danza “CAST Quinto Piano”, tra i fondatori della Compagnia teatrale “Canguro” e del teatro "NUOVO SIPARIO" di Ancona. Ha collaborato a trasmissioni radiofoniche e televisive Rai e private. Autore e regista di performance, film sperimentali, video d'arte, spettacoli di teatro e danza, partecipa alla stagione del Teatro alle Cave di Sirolo e per quattro anni al Festival Internazionale INTEATRO di Polverigi. Segue l’allestimento e la regia di sfilate di moda, partecipa a Firenze, al Pitti Moda con performances di Teatrodanza. E' tra gli esponenti della Mail-Art. Progetta ed insegna musicalizzazione attraverso il corpo, tecnica acrobatica per la danza contemporanea. Progettista e designer, partecipa con la serie “Suoni”, prodotta dalla ditta Brandoni ed inserita nel Report della rivista specializzata Abitare, alla Fiera Expoconfort di Milano, al Cersaie di Bologna e alle Fiere internazionali di Tokio e di Parigi. Ha preso parte su invito a rassegne d’arte in Italia, Spagna, Canada, Giappone, United Arab Emirates e Turchia, tra cui la 1°Biennale d’Italia, la 1° Biennale Internazionale di Arte Contemporanea e al 1° Premio Nazionale di Architettura al Trevi Flash Art Museum. Presente con proprie opere presso gallerie e musei d’arte. Si dedica allo studio delle possibilità di rapporto e sviluppo delle tecniche digitali nel campo dell'arte.


LE MARCHE E IL XX SECOLO

ATLANTE DEGLI ARTISTI

A CURA

DI ARMANDO GINESI

GIUSEPPE CERAMICOLA Regista performer

NOTE STILISTICHE DI GABRIELE TINTI

Anno 2007

L'arte di Giuseppe Ceramicola è il frutto di un' impegnata

posizione esistenziale.

Così ogni sua opera, sia essa pittorica o di grafica, così come

scultorea, veicola un messaggio, un punto di vista consapevole

sul tragico e problematico carattere dell'esistenza.

Cromie pure e luminose costituiscono i suoi lavori pittorici,

tutti recanti titolazioni allusive e impegnate a testimoniare

una ricerca intensamente pensata.

Il suo procedere metaforico si realizza anche nel teatro,

dov'egli guida gli attori nello svelare la propria interiorità

attraverso delle esperienze estetiche, fisiche.

Un esmpio di teatro fatto da immagini, per cui il parlato

viene assorbito ed esaurito dalla presenza scenica delle figure

attori, quindi dalla loro provocata esuberanza espressiva.

E' questa una forma di teatro che in Ceramicola si è evoluta

in " TEATRO DANZA " in breve uno spettacolo di

" sculture viventi " di corpi che si muovono nello spazio.

CERAMICOLA ARTE

NOTE CRITICHE DI GRAZIANO CICETTI

Anno 2005

Giuseppe Ceramicola nasce ad Ancona il 24 febbraio 1952 e con la stessa città instaura un rapporto simbiotico che lo porta ad interessarsi alle molteplici forme dell’arte ( pittura, scultura, grafica, musica, danza, teatro, video e performance) senza mai prescindere dal profondo legame con i luoghi e la gente del capoluogo marchigiano.
Giuseppe incarna oggi lo spirito poliedrico rinascimentale accostandolo ad una caparbietà tale da fargli rifuggire ogni maniera permettendogli di ricercare e sperimentare continuamente senza perdere di vista gli insegnamenti accademici ricevuti da grandi maestri quali Valeriano Trubbiani Edgardo Mannucci e Remo Brindisi .
Come un anfora Giuseppe accoglie gli insegnamenti tecnici insieme alla dinamicità creativa tipica delle tre figure che hanno contribuito alla sua formazione, riuscendo a mescolarle alla sua personalità in modo tale da consentirgli una vivacità artistica in grado di fargli intraprendere la ricerca della libertà nell’assedio del “mondo fabbricato” che lo e ci circonda.
La ricerca della libertà passa dall’individuazione di un oppressione; da questa coscienza prende vita, nel 1978, la “Sedia dei poteri”, scultura in materiali compositi nella quale un gruppo di mani fermate in pose che rimandano a gesti di poteri oppressivi, come il pugno chiuso e la mano allungata con le dita strette, si sovrappongono ad una mano tesa alla ricerca di un appiglio, di un aiuto.
La giacca appoggiata ordinatamente sulla sedia si contrappone al disordine degli stracci sottostanti, quasi a volerli dominare, mentre la mano posta più in alto striscia a cingere un polso, in una posa che sembra cogliere il passaggio da una carezza ingannatrice ad un effettiva sopraffazione.
Il senso di oppressione causato da una società sempre più caotica si avverte ancora nella performance dello stesso anno, “bianco e nero”, nella quale si percepisce un viaggio introspettivo nel quale si tende a rifuggire i dettami di ritmi innaturali per l’animo umano, fino alla considerazione dell’artista :” Sento, ma non parlo, il fine non ha senso.”
Giuseppe sembra volersi contrapporre con il suo sentire alla tendenza sempre più generalizzata di un mondo in cui tutti perseguono il proprio fine incurante di chiunque lo circondi, badando solo a far emergere la propria voce nel coro uniforme e rassegnato a seguire una via preindicata senza porsi domande sul perché la si percorra.
La sperimentazione alla base del percorso artistico di Giuseppe lo porta a creare sculture come “Gli Amanti”, opera in gasbeton del 1980 che riprende la tecnica usata nel 1975 per eseguire “La stele”, scultura al centro della scena dello spettacolo teatrale "Cangaceiro"nel quale “l’'attore rivolgendosi alla Stele rappresenta un uomo, torturato e condannato da una dittatura politica e militare, che lotta per la propria libertà di pensiero.”
Come detto, però, Ceramicola è padrone di un bagaglio culturale che gli permette di accostarsi anche alle rappresentazioni classiche, non tralasciando mai di inserire nelle opere quei particolari che possano consentire di trasmettere un messaggio allo spettatore.
L’esempio più significativo è l’opera “Donna con bambino” del 1985, in cui si possono cogliere dei rimandi a quello che è il più classico degli scultori europei dell’epoca moderna: Antonio Canova.
Nel Monumento funebre a Maria Cristina d'Austria lo scultore veneto rappresenta dei personaggi, tra i quali una donna ed un bambino, davanti ad una grande piramide bianca che Giulio Carlo Argan nel 1970 descrive in questo modo : “Quella piramide bianca non è simbolo o emblema; è il modello di una forma assoluta a cui tendono le forme relative delle figure. Mettendosi in rapporto diretto con quella forma assoluta, ciascuna delle figure assume un senso d'assoluto: qualcosa dell'assolutezza della morte si mescola alla relatività delle sembianze vitali”.
Nell’opera di Ceramicola il rapporto diretto tra la forma assoluta e la relatività del singolo non passa attraverso la monumentalità della piramide, ma viene raggiunta con il velo che nasconde il volto e l’identità della donna conferendole quel valore di assolutezza in grado di concentrare in se femminilità e istinto di maternità.
La madre ed il figlio stanno a significare la continuità della vita, ma il vento atomico si abbatte su di loro a testimoniare la tendenza all’autodistruzione del genere umano; si tende a far ricadere sulle categorie indifese ed innocenti le colpe di un oligarchia che racchiude ogni potere decisionale.
Maternità intesa non solo come istinto innato di procreazione, ma come possibilità di trasmettere ad un altro essere la propria energia, nella consapevolezza della fugacità della vita.
L’energia vitale può assumere molteplici forme, una di queste è la purezza necessaria a donare la vità al A Bao A Qu, scultura in gasbeton del 1996 ispirata alla creatura del Manuale di zoologia fantastica di J.L. Borges.
“L’A Bao A Qu, sensibile ai valori delle anime umane.
Vive in stato letargico, sul primo gradino, e solo fruisce di vita cosciente quando qualcuno sale la scala
La vibrazione della persona che s’avvicina gl’infonde vita, e una luce interiore s’insinua in lui.
Nello stesso tempo, il suo corpo e la sua pelle quasi traslucida cominciano a muoversi.
Quando qualcuno s’avvia per la scala, a Bao A Qu si mette quasi ai calcagni del visitatore e sale afferrandosi all’ orlo dei gradini, scavati e consunti dai piedi di generazioni di pellegrini
a ogni gradino il suo colore s’intensifica, la sua forma si perfeziona, e la luce che irraggia si fa ogni volta più brillante.
Testimone della sua sensibilità è il fatto che raggiunge l’ultimo gradino, e la sua forma perfetta, solo quando chi sale è un essere evoluto spiritualmente.
Altrimenti resta come paralizzato prima di arrivare, col suo corpo incompleto,il suo colore indefinito, la sua luce vacillante.
L’A Bao A Qu soffre quando non può formarsi interamente, e il suo lamento è un rumore appena percettibile, simile al fruscio della sera.
Ma quando l’uomo o la donna che lo resuscitano sono pieni di purezza, allora può giungere all’ultimo scalino, ormai completamente formato e irradiando una viva luce azzurra.
Il suo ritorno alla vita è molto breve, poiché, andando via il pellegrino, l’A Bao A Qu rotola e cade fino al gradino iniziale, dove ormai spento è simile a una lamina dai contorni vaghi aspetta il visitatore successivo.
Si può vederlo bene solo quando arriva a metà della scala, dove i prolungamenti del suo corpo, che in guisa di piccole braccia l’aiutano a salire, si definiscono con chiarezza.
C’è chi dice che guarda con tutto il corpo, e che al tatto ricorda la pelle della pesca.
Nel corso dei secoli, l’A Bao A Qu è giunto una sola volta alla perfezione”.
L’A Bao A Qu rappresenta al contempo la ricerca della perfezione e la fugacità dell’esistenza cosicché nonostante la continua ricerca riesce a raggiungere solo una volta e per un periodo molto breve la forma perfetta.
La possibilità di raggiungere la perfezione, e comunque di migliorare la propria esistenza, passa dal rapporto con gli altri, dallo scambio di sensazioni positive in grado di alimentare la vitalità degli esseri.
La creatività artistica di Giuseppe si attiene strettamente a questa convinzione, come testimonia la sua adesione al movimento artistico della mail art, anche se parlare di adesione può risultare inesatto, vista la mancanza di affiliati e di leader che contraddistingue questa corrente divenuta autonoma forma espressiva all’inizio degli anni 60 per merito dell’eccentrico artista americano Roy Johnson legato al movimento “Fluxus.
Sebbene alla mail art possa aderire chiunque, ad ottenere risultati concreti sono solo coloro vi si dedicano con dedizione e cognizione, sapendo cosa cercare ed essere in grado di conseguenza di offrire qualcosa di valido per intrecciare scambi ed installare collaborazioni utili allo sviluppo della mail art.
Rimane comunque fondamentale l’apertura a tutti dell’arte postale, insieme all’altra particolarità che prevede la creazione dell’opera senza fini commerciali, ma con il solo scopo di poterla regalare. La possibilità di creare l’arte per l’arte e non per un potenziale mercato ben si addice a Giuseppe che già nel 1977 aveva creato un’opera intitolata “grafica in pezzi”; un’opera grafica di cm. 100 x 70 strappata in piccole parti, inserita in una busta di plastica messa in un contenitore di polistirolo posto a sua volta nel congelatore.
Il percorso dell’opera diviene un’incognita legata al trascorrere del tempo. I pezzi potranno essere conservati insieme nella busta; essere estratti per ricomporre la grafica originale; ogni singolo pezzo potrà essere il punto di partenza per un molteplice numero di opere diverse dall’originale oppure potrà essere tutto distrutto quando l’artista deciderà che il ciclo vitale dell’opera è giunto al termine.
Se nell’arte postale gli artisti creano un interscambio con altri artisti, la “Grafica in pezzi” di Giuseppe è artefice di un dialogo aperto tra la personalità dell’artista nel momento della creazione e quello che sarà l’animo dello stesso quando, trasformato dall’esperienza e dagli eventi, si troverà a misurarsi con lo stessa opera.
Le possibilità offerta dall’avvento di internet e della posta elettronica ha permesso a Ceramicola di riprendere questa esperienza, trasformando in digitale una tela di cm 90 x 100 tagliata in 400 pezzi e spedita in tutto il mondo, con la possibilità che venga ricomposta attraverso un possibile contatto tra i diversi destinatari o che i singoli frammenti vadano dispersi.
Le esperienze di mail art precedenti trovano massima espressione nel “Concerto dello straniero”, cassetta audio in cui Giuseppe nel 1992 aveva registrato integralmente una performance musicale, senza tagli e montaggio, per sollecitare i destinatari ad un ascolto “costruttivo” alla ricerca di contributi in grado di dare sviluppo continuo all’opera.
Nella copertina è stata inserita la fotografia dell’artista con gli occhi coperti da un paio di occhiali in metallo, un invito ad ascoltare senza la distrazione della vista, per un immersione totale nelle sensazioni dettate dalla musica, nel tentativo di sollecitare l’inconscio ad incamerare i suoni ed a fornirne dei nuovi. L’occhiale funge allo stesso tempo da armatura in grado di proteggere dalle contaminazioni esterne, aiuta l’immersione in una sorta di panismo musicale libero dalle contaminazioni ambientali.
Nel 1999 Ceramicola viene chiamato a realizzare un video della realizzazione di un mandala ad opera di Lama Gheshe Thupten Tenzin e dei monaci Jampa Tashi e Jangchup Gyurme del monastero di Ganden Shartse India, esperienza che lo porterà a scegliere la forma rotonda per la realizzazione delle sue opere pittoriche.
Il Mandala (La parola Mandala proviene dal sanscrito e significa cerchio contenitore di essenza) permette a Giuseppe di riprendere quel legame con il cerchio forse sopito, ma mai scomparso, che gli aveva suggerito all’inizio degli anni settanta le prime performance con una ragazza posta al centro di una circonferenza tracciata sulla spiaggia.
L’impermanenza rappresentata dal mandala, che i monaci buddisti, dopo un processo di contemplazione e creatività durato giorni e giorni,distruggono,gettando poi la sabbia colorata in un fiume vicino, poco si confà allo spirito collezionista di Giuseppe, che dal 2000 rappresenta su cartapesta dei “mandala dipinti”.
Resta in queste opere il significato del cerchio come “spazio sacro” in cui l’artista crea un proprio universo ricco di simboli e animali immaginari o reali nella ricerca di un’intimità protetta dalla circonferenza della figura.
Nei cerchi dipinti da Giuseppe si ritrova un condensato di vita immaginaria figlia della fantasia dell’artista, un dialogo introspettivo che, terminata l’opera, si apre all’esterno senza la ricerca di riscontri ma inserendosi al di fuori del contesto.
Il cerchio assume pertanto la funzione di casa, uno spazio protetto che si vorrebbe illusoriamente condividere con un universo non sempre in grado di cogliere sensazioni raggiungibili solo con grandi e faticose scalate, come ci comunica lo stesso Giuseppe nell’opera del 1993“Paesaggio sulle punte” accompagnato da un significativo commento :
Alta.
Arrampicarsi fino alla cima.
Per essere lì, al di sopra di tutto,
In alto.
Soli, con lo sguardo lontano,
Temerario.
Qui costruirò la mia casa,
Nel suono e nell’odore della natura,
Vorrei che anche tu potessi godere
di questo spettacolo,
Di queste roccie bianche e lucenti.
A guardare il paesaggio.
Sento il vento pungente,
L’aria pura,
L’avvicinarsi della notte.
Quassù tutto è limpido,
Il pensiero si apre,
La solitudine è sovrana.

GRAFICA - 1977 - Figure nello Spazio -

di PLINIO ACQUABONA


Il talento naturale di Giuseppe Ceramicola si è maturato all’Accademia delle Belle Arti di Macerata durante i corsi di pittura del maestro della nuova figurazione Remo Brindisi e quelli di specializzazione in scultura tenuti da Valeriano Trubbiani, scultore di fama internazionale.
Ora Ceramicola sta dedicando una parentesi alla grafica. In un sintetico ciclo di opere “Chi sei?”, “Anatomia”, “Sopravvivenza”, “Figure nello Spazio”, “Sogno riflesso” ha realizzato un suo segno personale con cui ha affrontato anche il tema drammatico della superfetazione con notevole lucidità espressiva.
La metafora di quest’opera è quella di una metastasi che aliena la struttura portante dell’attuale società. Si tratta di un’interrogazione sul futuro con il quale già si stanno facendo i conti dell’identificazione delle resposabilità mancate.
L’insegnamento diagnosticante dei suoi maestri non poteva non riflettersi in proiezioni così impegnate e, al tempo stesso, autonome.
“Figure nello spazio”, letta dal basso, cioè dallo stallo rovesciato di una esistenza incongrua rifiutata, esprime la liberazione e la congruità d’un rapporto diverso e di nuove ipotesi di vita. E nello sciogliersi in elevazione i volumi acquistano il senso di una nuova agibilità dello spazio e dello spirito, stagliati contro l’oscurità del presente.
Oltre alla scultura, nei suoi interssi entrano la pittura, la scenografia e il teatro d’animazione.
Si può puntare sugli esiti concreti di un lavoro impostato da una così incisiva presenza.


SCULTURA - Termini di un linguaggio -

di GIAMMARIO OLIVIERI

Ceramicola si presenta come uno scultore che ha raggiunto una fisionomia espressiva definita: una fisionomia dove l’intervento di una emozione fantastica si giova di mezzi duttili, agili, pronti a tradurre senza sforzo ogni esigenza della ispirazione. Giuseppe Ceramicola, infatti, non è uno scultore che. si muova dentro uno schema cristallizzato. Al contrario, è un artista che, di volta in volta, rinnova i suoi modi, obbedendo alle suggestioni del tema, al ritmo della propria immaginazione. Ora, quindi, le sue sculture occupano lo spazio con materia palpitante, che mantiene nell’impronta il fervore di una rapida modellazione; ora appaiono come un intrico complesso e organico di elementi. Ma qual è il nucleo poetico su cui poggia tutta l’operazione creativa di Ceramicola? La domanda è più che legittima. Ceramicola, infatti, non è uno scultore che divaghi nella dimensione del non senso. Le sue opere hanno sempre un “messaggio” da proporre. Un messaggio al cui centro di interesse sta l’uomo nelle difficoltà dell’esistere. L’uomo nei suoi desideri di rompere i propri limiti e nell’opposizione alle forze ostili che agiscono dentro la storia. Ogni scultura di Giuseppe ci porta a questi problemi esistenziali e civili. Ed è senz’altro un suo merito il fatto di non staccarsene, come è suo merito il farlo senza che la specificità del valore plastico sia tradita. L’artista è sempre partito dalla persuasione profonda che le sue immagini dovessero dar conto delle circostanze difficili in cui ognuno di noi si trova a vivere e ad agire. I termini del suo linguaggio li ha costantemente scavati e reperiti all’interno di questa dura e reale dimensione, non altrove, non nell’arbitrio di una pura immaginazione che vive unicamente delle proprie vertigini divaganti. Ci si accorge subito, guardando le sculture di Ceramicola, della singolarità della sua formulazione plastica: ci si accorge cioè di come egli si muova senza mediazioni dalla soluzione più contratta, quasi rudimentale, alla soluzione minuziosa, insistita, narrativa, il risultato, dal punto di vista formale, è senz’altro insolito. L’occhio percorre queste sculture incontrando larghe pause, spazi aperti, e quindi, improvvisamente, anfratti, cesure... E' l’uomo di Ceramicola, in vita e in morte, con le sue ferite, le sue fratture, con i suoi frammenti d’esistenza, con la memoria delle cose passate, con la sua intimità, con le tracce e le impronte della sua storia quotidiana.



PITTURA - Liberazione emotiva -

di PLINIO ACQUABONA

Giuseppe Ceramicola domesticamente si firma Giuseppe ma io, dal successo di un fortunato protagonista del romanzo La Storia della Morante preferisco chiamarlo Useppe. Intanto è qualcosa di maggior consistenza per uno che sia uscito da una regolare accademia, dalla scuola d’un pittore come Remo Brindisi, e di uno scultore come Valeriano Trubbiani. Useppe, dunque, pittore, scultore non quanto pittore, e grafico. In armonia coi tempi, cioè sensibile a tutte le possibilità espressive. Nella sua pittura non c’è margine di gratuità. Tutto è consentito da un lucido controllo dell’immagine complessiva che in sé fonde principio e fine nell’anello naturale di un tessuto organico, dove l’organicità è la caratteristica tipica della sua strutturazione pittorica; in quanto è ricorrente da un quadro all’altro, come un dato fisionomico in evoluzione. Uno dei suoi primi approcci con la tela consegna l’immagine d’una città distrutta. E’ il primo dato anagrafico della sua pittura e resta anche l’unico dato oggettivo perché la sua pittura che, d’ora in poi, riflette le conseguenze di quel dato storico, ossia il rifiuto di connotarsi con gli elementi oggettivi d’una civiltà crollata e la necessità di connotarsi, invece, dal di dentro, auscultandosi analizzandosi, specchiandosi infine in immagini della propria interiorità, del proprio impegno, della propria aspirazione: in altri termini, autonomamente. Un elemento importante per giudicarlo è la gradualità lenta e meditata di questo procedere per linee interne, con una coerenza d’immagini sensibili, criticamente individuate con titoli sempre garanti d’una ricerca consapevole. Tre tele riassumono la condizione di partenza secondo una rigorosa concatenazione di temi: “Esplosione di meteore”, “Formazione e deformazione di un impulso psicologico” “Vibrazioni”. L’oscuro impatto dei bruni minacciosi del primo pezzo è seguito dall’instabile tensione dialettica dello stimolo psicologico in atto seguito, a sua volta, dalle più rarefatte vibrazioni, leggere, tese, balenanti, che guardano al movente cosmico sovrastante l’uomo, a un’esperienza che ha la matrice nella natura cui l’uomo non può che soggiacere. Poi la matrice sconvolgente è quella umana. L’Esplosione è terrestre, avviene per mano dell’uomo. Il cratere nero squarciato dal bianco e dai gialli abbaglianti è al centro della verde civiltà corrotta che suppura ed esplode in un bubbone malvagiamente senile. I getti di questa lava sulfurea crivellano lo spazio, l’area delle possibilità di crescita dell’uomo, sono grappoli di morte ai quali però è opposta la notevole intuizione del Coro angelico. Una simmetria metafisica di gialli, verdi, azzurri, blu e bianchi: una cupola fonda con un’apertura centrale verso il vertice remotissimo dello spazio; diametralmente opposta al cratere. Ciò che colpisce in questi colori è l’intrinseca luminosità in cui compongono la figurazione. Il Coro angelico, sia per le dimensioni, sia per la profondità della concezione, prelude a liberazione emotiva che rappresenta il risultato più ambizioso e concreto. Seguono “Ricerca percettiva di sensazioni dalla natura", “Immaginazione di vibrazioni del pensiero”, “Formazione di uno stato d’animo”: un vigore compositivo nel quale gli spunti di partenza incrementano figurazioni decisamente più personali. Le vibrazioni del pensiero, invece, restano di una leggera trasparenza, intima e chiara, contrastanti con la formazione di uno stato d’animo successiva e accesa di sicure audacie coloristiche e formali. Questi temi, ordinati dall’embrionalità alla complessità evo1uta, configurano il farsi gradualmente adulto della sua pittura. E’ importante notare il calmo distacco di Useppe dalle sue immagini, forse perché le inquadra costantemente in un margine, come se vedesse filigrane sospese e colorate contro uno sfondo o come se ingigantisse visioni microscopiche dello spirito. Assurge a epilogo di questi concreti anni di ricerca e di meditazione il quadro “Liberazione emotiva”. Qui l’intuizione di “Coro angelico” tecnicamente e figurativamente, ma sempre in un’accezione astratta, come tutto il resto della sua pittura, giunge a una maturazione espressiva di grande ampiezza. In esso le concrezioni figurali e coloristiche raffigurano l’essenza di conoscenze realistiche, il loro sommo materico, liberamente usate per interpretare e rendere sensibile la liberazione dalle forme originarie ed entrare in un’ampia volta espressiva che si proietta contro la tonalità calda di un rosso cordiale, come di una palpebra chiusa, guardata contro il sole. E’ un’immagine interiore indimensionabile e attiva, d’una spiritualità raggiunta e vibrante, laica e religiosa. E’ la trama complessa d’uno spirito presenta a se stesso, dopo il rifiuto di un’oggettualità fallita. La scultura rivela un aspetto più adeguatamente concreto della sua personalità. Un’alta colonna quadrata, dalla metà alla cima esprime mani che, sbucciandole sembrano uscire dalla materia dopo averla conquistata dal di dentro, per poi dominarla dall’alto. Anche questo è un discorso alternativo per affermare Il valore dell’interiorità Un altro aspetto, più apparentemente svagato della sua scultura, ma che conferma la necessità di ricominciare dal filo per tessere il nuovo tessuto umano e sociale, è l’emblematico robot—donna, che tende le mani con la matassa di lana da dipanare, e porge, in lampade sferiche, due poppe luminose il cui nutrimento potenziale s’identifica, appunto, nella luce. L’ideazione grafica più significativa tra quante Useppe abbia realizzato, è una seria di tre tavole con fibre e ovuli. La regione marchigiana, prima dell’avvento della seta artificiale, era una grande produttrice di seta naturale. Ma questo può appartenere ella memoria ancestrale di Ceramicola, la cui materia prima, il filo, propone una nuova variante del tema della ricostruzione dall’infimo. -

TEATRO -

di PLINIO ACQUABONA

-Conosco lo spettacolo di Teatro-Danza allestito dal regista Prof. Giuseppe Ceramicola che lavora con assoluta serietà. Egli ha anche realizzato il mio radiodramma I VENTRILOQUI per la terza rete radiofonica. Il suo è uno spettacolo nel quale i protagonisti, in una notte metafisica, si presentano come embrioni ectoplasmatici che si evolvono fino a diventare figure e esseri capaci di esprimere nel gesto una interiorità misteriosamente correlata nella danza, e a creare metafore complesse attendibili. Gli studiati apporti espressivi sono tali che si riassorbono nell'interiorità emotiva dello spettacolo efficacemente. Ritengo che senz'altro, anche in virtù dell'ultima maturazione, lo spettacolo sia da prendere in considerazione per il rigore con cui si regge e la valentia degli elementi affiatati.

-Una ballerina in calzamaglia rossa si muove a passi di danza all’interno di una stanza. Alla sinistra, seduta sul letto, un’altra donna meno giovane e vestita di bianco sta immobile ed osserva. Poi si alza, va davanti allo specchio e si tinge il viso di bianco. La ballerina intanto è uscita di scena con un uomo comparso silenzioso ed improvviso. La donna dal viso bianco, ora sola nella stanza, si sfregia il volto che rimane segnato, poi, pure lei, scompare dietro la scena. Questo è il quadro del lavoro teatrale diretto da Giuseppe Ceramicola, il quale in questo spettacolo ha trasferito tutta la sua esperienza di scultore. I corpi degli attori si muovono infatti sul palcoscenico in modo plastico creando figure scultoree molto appetibili. Una volta un pittore texano che si mise a fare del teatro si giustificò di questo spiegando che le immagini nella sua testa erano più ricche di quanto potesse esprimere sulla tela. Si direbbe che qualcosa di simile possa essere balenato nella testa del Ceramicola che si è servito di immagini viventi, di corpi umani, di riflessi di luce, di movimenti e musiche per fare attraverso il teatro dell’arte figurativa. Ci viene da pensare a proposito di questo spettacolo anche supermarionetta di Gordon Craig un teorico del ‘900 che nella sua Arte del Teatro affermava che tutto ciò che è accidentale è nemico dell’artista. Quindi per il teatro (se vuole essere una forma d’arte) sono negative, secondo Craig le emozioni dell’attore, l’espressione del suo volto il suono della sua voce. Questi stessi elementi sembrano banditi dallo spettacolo. Nelle scene successive alla prima gli attori indossano infatti dei costumi asettici, i loro volti non hanno espressione, mentre i corpi con i loro plastici movimenti esprimono qualcosa di indefinito simile ad un tormento; forse è lo stato d’ansia che coglie l’artista nel momento della creazione. Segue la proiezione di alcuni filmati che testimoniano altre precedenti performance del Ceramicola che si incastrano a regola d’arte con il resto di questa interessante azione scenica in cui anche l’uso della luce ha un’importanza rilevante. S. A.


-Lo spettacolo teatrale di Giuseppe Ceramicola è innanzi tutto un esempio coerente di teatro per immagini, in cui la mediazione del parlato viene superata decisamente per giungere ad un globale espressività di figure – situazioni – commenti. In assenza della parola non esiste un solo momento di silenzio poiché tutto viene detto attraverso un puntuale uso delle possibilità espressive del corpo, della luce, del suono, non meno che della scenografia. In questo senso ogni minimo particolare dell’evento teatrale è necessario e complementare al precedente e al successivo, come in un mobilissimo gioco di incastri. Forse il primo messaggio che viene da questo spettacolo (in cui i differenti piani di comunicazione si sovrappongono), è proprio la possibilità di rappresentazione. In un certo senso lo spettacolo rappresenta se stesso: il balletto – uno degli assi portanti del complesso – la musica, le presenze recitanti, i filmati, le performance, sono elementi protagonisti che si fiancheggiano e dialogano, testimonianze che il teatro, al di là delle commercializzazioni che ha subito e che tutt’ora attraversa, dispone ancora di molte possibilità e di molte cose da dire. Questo spettacolo non è una storia, non è il racconto di una vita, anche se forse potrebbe essere letto come un racconto di molte vite. Proprio per questo motivo diventa uno spazio in cui ognuno trova luogo e occasione di espressione, in cui la creatività di ogni componente raggiunge probabilmente il massimo livello. Il superamento della parola, la sua assenza, rendono ogni altro codice estremamente più immediato, ed in questo senso la potenziale espressività del pubblico trova riscontro e possibilità di essere nella estrema libertà di comunicazione degli attori, compiendo assieme alla compagnia un percorso difficile quanto liberatorio. Nella scena iniziale il contrasto violento tra il silenzio fisico dell’attrice, la sua estrema difficoltà di comunicazione, e l’esprimersi quasi esasperato dei ballerini, costringono lo spettatore a compiere una scelta e ad indagare dentro di sé le proprie pulsioni in una partecipazione che la parola non avrebbe consentito. C.A.

TEATRO DANZA

-Delle strutture di ferro, delle scale. Funi per arrampicarsi, come nei giochi dei bambini. E’appena terminata la rappresentazione del "Anello della Memoria", si tratta di “ Teatrodanza ”. Gruppi di gente si aggrumano attorno ai protagonisti, si congratulano, stringono mani. Riusciamo a rubare al regista, Giuseppe Ceramicola, un po’di tempo per le nostre domande. Chiediamo come è nato lo spettacolo… “ Io faccio lo scultore, mi avvicino molto al movimento nello spazio, alla performance…siamo riusciti a fondere, le mie immagini visive in danza, in movimento, in “sculture viventi ”. Come si “ struttura ” lo spettacolo? È un “ mosaico ” di immagini, nella prima parte ci sono situazioni anche molto drammatiche, c’è un filmato che fa vedere l’” assenza di energia ”, cioè qualunque tipo di distruzione, sia psicologica sia “ atomica ”, un canto disperato… una madre che si rivolge al proprio figlio ed allo stesso tempo anche lei ritorna all’infanzia. Poi il gioco, questa “struttura ” che è un po’ la gabbia che troviamo nei parchi; un “sali e scendi ” di situazioni, le ombre cinesi, che sono una tecnica che usiamo abbastanza spesso, c’è una ballerina che si specchia nell’acqua, gioca con la sua immagine. C’è una parte recitata dove si parla dell’” annullamento del tempo ”, è tratta da “ Il tempo ritrovato ” di Proust, cioè quando una situazione, una sensazione ti fa vivere contemporaneamente nel ricordo e nel presente…poi una “proiezione nel futuro”, la spensieratezza finale… La tua ambizione? “Mah, lo studio, la ricerca è la cosa fondamentale per me. L’ambizione è quella di riuscire ad avere un’accademia, una scuola dove si faccia ricerca di un certo tipo, dagli allievi che danno energia ”. Quindi una struttura che possa permettere di superare tutte le difficoltà d’organizzazione, permessi, politica…. R. D.P.

Dove la parola non trova “Spazio”

di GIULIANA BREGA

-Da parecchi anni ormai, per una sorta di tacito accordo, ogni volta si desideri parlare di teatro, lo si fa dando per scontato che la necessità di fare teatro, o l’inevitabilità del teatro stesso,siano fattori da considerarsi sostanzialmente inesplicabili,e in ogni caso talmente compromessi da non essere più valutabili sotto l’egida della spiegazione sociale o storica, quando non psicologica. Ma un discorso sul fare teatro di Giuseppe Ceramicola, non può sottrarsi ad un giudizio di merito sul teatro stesso, sulla sua struttura contenutistica, coinvolto com’è in una logica non di racconto, ma di vissuto profondo e - in un certo senso - disperatamente umano. Dove il termine disperazione non deve però essere inteso nella accezione negativa della parola (la non speranza),ma semplicemente come accettazione della condizione umana presa così come si presenta, senza alcuna volontà di guarigione,ma piuttosto come una coraggiosa affermazione di sé. Grande è stato il successo di critica e di pubblico al teatro Sperimentale, sinceri e prolungati gli applausi, a scena aperta, che hanno sottolineato la fatica compiuta da tutti i partecipanti al lavoro di Ceramicola: ballerini,attori,tecnici, tutti ugualmente impegnati in questa realizzazione. Ma grande forse è stato anche lo stupore di trovarsi di fronte non ad uno spettacolo-storia (perlomeno inteso come tradizionale) ma ad un insieme di linguaggi che, più che altro narravano la storia di uno spettacolo e, all’interno di questa, ciò che di spettacolare vi è nella storia dell’uomo. Sul palcoscenico si muovono e si intrecciano figure diverse; siamo di fronte ad un teatro per immagini e quindi delle immagini ci vengono proposte, che sottolineano la contrapposizione tra movimento e immobilismo, forse anche tra passato e futuro filtrati attraverso un presente che pare fatto di luci ed ombre più che di certezze. Ma non vi è proposta di parola: ci parlano le immagini e ci parlano i corpi in movimento, i ballerini in asettica calzamaglia bianca, un grande computer sul fondo della scena, luci vivide a sottolineare momenti di solitudine, quando non ombre danzanti dietro ad un pannello chiaro; la musica, che negli spettacoli precedenti era una base registrata si fa ora materia viva per entrare a far parte di questa specie di moto perpetuo che è lo spettacolo di Ceramicola. Il linguaggio è qualcosa di molto simile ai cerchi che fa nascere un sasso lanciato sulla superficie di uno specchio d’acqua: molti ma nessuno superire all’altro, tutti ugualmente concentrici e dissacratori, nei confronti di una apparente tranquillità. Per questo dicevamo all’inizio come questo lavoro non possa sfuggire al giudizio di merito sul senso del fare teatro di questo tempo. La struttura teatrale diventa un recipiente in cui si rovesciano,mescolano ed escono vestite di un nuovo senso le più svariate forme d’arte che fanno parte della nostra cultura; in questo senso non si tratta di recupero di teatro di avanguardia ma semplicemente di risposta a concetti estetici propriamente nostri. In tale struttura trovano spazio, ospitati dalla sua grande elasticità, tutti coloro che, operanti in campo artistico, vogliano dare forma plastica alle proprie idee. Lo spazio e il luogo rappresentano qui forse la tridimensionalità che troppo spesso viene negata alla nostra ricerca di espressione, lo spazio è il luogo diventano momenti sacri per la sacra necessità dell’uomo di rappresentare se stesso. Ceramicola raccoglie dunque molte forme d’arte. E’ ora un insieme di linguaggi che si intersecano in una meravigliosa quanto comprensibilissima Babele: la danza,il mimo, la musica, i suoni, i colori, le luci, le scenografie sono tutti elementi di un discorso che potrebbe espandersi all’infinito, sempre trovando nuovi spunti perché piena di nuovi spunti è la storia dell’uomo. Nella libera espressione della danza, del mimo, del colore, del suono si respira, un’aria di estrema “possibilità” che se non avessimo paura di un termine abusato, potremmo anche chiamare libertà; in quello che l’immagine racconta (catene, legami, ripetitività, fossilismo, corsa verso una tecnica che può anche voler dire fine) si può certo ritrovare tutta l’angoscia di un destino che proprio perché irrinunciabile è tipicamente umano; ma nel modo come queste cose vengono raccontate, ebbene in esso si trova forse la soluzione a questa precedente angoscia: la possibilità, la verità dei gesti - attraverso l’infanzia di un uomo o di molti uomini- in ogni caso il futuro che passa attraverso il progetto di un nuovo teatro che non sia più cristallizzazione di vecchie parole (il passato è passato) ma superamento e ricostruzione. E la ricostruzione passa appunto attraverso l’immagine che si accoppia e si sdoppia in un continuo gioco di attrazioni e repulsioni. In definitiva il destino dell’uomo così tanto legato ad un suo carattere di mercificazione passa anche attraverso la mercificazione dei suoi aspetti particolari. Lo spazio scenico torna ad essere spazio praticabile dove infinite sono le possibilità di intreccio; ed ecco spiegata l’apparente mancanza di storia. La parola non trova spazio, perché ormai tutto il dicibile è stato detto, ed il silenzio è coperto.

MUSICA E DANZA

Storia del tango su scena di pietra Sirolo – Tango e pietra. Un abbinamento suggestivo, soprattutto se la pietra è quella viva del Teatro alle Cave, il tango è quello di Piazzolla e di Villa-Lobos, assemblato in un concerto da Giovanni Seneca che ne ha fatto uno spettacolo, per la regia di Giuseppe Ceramicola. La serata, intitolata “ Histoire du Tango”, prende il titolo dalla partitura per chitarra, flauto e danza di Astor Piazzolla in programma, composta di quattro brani: Bordello 1990,Caffè 1930, Night Club 1960 e “Concerto d’oggi”, che comporrà la seconda parte del concerto. Nella prima, Bachianas Brasileiras n°5 di Heitor Villla Lobos, Distribucao de flores, quattro studi per chitarra,e infine Choros n°1. E veniamo agli esecutori. Naturalmente, alla chitarra c’è Giovanni Seneca, napoletano diplomatosi al Rossini di Pesaro con Francesco Cuochi. A Parigi ha eseguito, fra l’altro il concerto per chitarra e orchestra scritto per lui da Ennio Moricone. Al flauto, un altro esecutore, Marco Agostinelli, anconetano, anch’egli diplomato al Conservatorio pesarese. Si è specializzato nell’esecuzione su strumenti storici e si dedica alla musicologia, oltre ad insegnare e a svolgere attività concertistica. E infine, la danza: le coreografie sono state ideate e sono eseguite da Caterina Fantoni, di Ancona, già della compagnia C.A.S.T. Quinto Piano, che fra l’altro ha partecipato allo spettacolo di Valeria Moriconi “ Don Sand, Don Juan”. Due parole per il regista: Giuseppe Ceramicola, insegna ripresa televisiva e montaggio all’Istituto Statale d’Arte di Ancona e dirige e coordina vari gruppi teatrali di ricerca. (l.nicc.)

MUSICA E GRAFICA

“ Nella stessa linea” Progetto musicale per la realizzazione di uno spettacolo ideato e interpretato attraverso una costruzione grafica codificata: un diagramma, una tessitura musicale con autonomie per ogni strumentista. Sulla stessa linea, in percorsi alternati; visualizzazione armonica di un percorso unico, da un unico dialogo: singolo, alternato, globale, certezza, sicurezza armonica. Brani intensi, brevi, concisi, che si intrecciano in un gioco strumentale: composizione e scomposizione, virtuosismo individuale, conversazione sulla stessa riga, nella stessa linea. Lo spettacolo progettato da Giuseppe Ceramicola, per il Teatro Fahrenheit, si avvale della costruzione musicale e dell’esecuzione flautistica di Marco Agostinelli con Tiziana Santarelli alla voce; Alessandro Carlini alle percussioni; Luca Pincini al violoncello e Giovanni Seneca alla chitarra. Giuseppe Ceramicola in diretta durante lo spettacolo scrive un diagramma grafico che viene disegnato e ripreso da una telecamera e proiettato su un pannello dietro gli strumentisti a fare da scena in un percorso armonico, nella stessa linea creativa, tra musica e grafica in un dialogo alternato, interrotto solo dal silenzio e da un canto lontano, un ricordo delle cose passate, intenso, profondo, e così presente.

TEATRO DEL VENTO

Un’esperienza teatrale con il progetto “Teatro del vento ” si propone come indagine e studio verso una nuova direzione rispetto all’attuale panorama delle avanguardie. Da un’idea di Giuseppe Ceramicola, da molti anni regista nel teatro e nella danza, nel momento conclusivo di un periodo dedicato al teatro di strada, nasce la nuova ricerca che porterà alla realizzazione di uno spettacolo che vedrà come fondamentale il rapporto con il pubblico. Un “ Teatro del vento ”, dove gli elementi naturali andranno ad infrangere quella barriera del “ tutto costruito ” che ha da sempre costretto lo spettacolo teatrale. Si tratta di creare un rapporto tra l’attività artistica e l’ambiente naturale, trasformando quest’ultimo da semplice sfondo, come finora è stata, a protagonista principale dell’azione teatrale. Quest’idea ha preso forma dall’incontro di Giuseppe Ceramicola con Piergiovanni Antici che da anni si dedica all’arte della costruzione d’architetture volanti. Strutture portanti dell’intervento saranno il volo e il movimento acrobatico di elementi scultorei; ma centrale sarà il momento in cui il fermento operativo farà prendere forma ai protagonisti e si darà vita all’azione scenica attraverso il vento C.A.

PERFORMANCE

La performance del regista scultore anconetano Giuseppe Ceramicola entusiasma il pubblico del Teatro Sperimentale che ha ripreso l’omonima performance presentata per la prima volta nel 1979 incentrandola in questa occasione nella danza. Non è facile riuscire a catalogare né rientrerebbe nello spirito del lavoro artistico di Ceramicola una performance come quella allestita sotto un titolo immaginario, nasconde la notevole aspirazione alla totale libertà artistica. La danza imperniata su coreografie di danza contemporanea, la mimica delle attrici in cerone bianco, la musica nuova scandita dal suono suggestivo del berimbao, filmati, gli interventi computerizzati,si intrecciano in un ordito che a differenza della tela del ragno che avviluppa completamente la platea significando la persecuzione delle nuove idee da parte del sistema, della tradizione, della politica mostra alla fine il volto fascinoso della libertà d’espressione.” Dopo aver sperimentato di persona, ci spiega il regista Giuseppe Ceramicola quanto sia arduo se non impossibile rimanere se stessi nel campo delle arti figurative dove, se vuoi emergere ed avere successo, devi soltanto farti confezionare dalla signora critica come un bel prodotto e metterti in mostra quanto più possibile, ho trasferito su una ribalta teatrale il mio modo di vivere l’arte. E questa mia aspirazione questo sforzo di uscire dai canoni stereotipi imposti dalla tradizione, dal system è condivisa da tutti i miei amici. Ognuno si esprime liberamente, senza timore di essere compreso o meno dalla platea alla quale d’altronde non chiede il consenso o l’applauso d’approvazione, la presa d’atto che il nuovo si muove, il nuovo è vivo; che la libertà d’espressione, benché a durissimo prezzo personale professionale ed economico, è ancora più forte di tutti i suoi carcerieri.” F. A.

SCENOGRAFIA

La scenografia inedita nel centro storico di Ancona, il regista Giuseppe Ceramicola ha “agito” sul particolare ambiente costituito da quel punto della via tuttora occupato da un cantiere, con impalcature che lanciano in basso solo un angusto paesaggio. In questa inedita scenografia luci in movimento sottolineavano verso l’alto i muri delle case, mentre in basso i ballerini tessevano ragnatele di fili bianchi, enfatizzati da luci speciali, all’interno dello stretto passaggio. Questa azione sulle musiche proseguiva divenendo più esplicitamente danza, in stretto rapporto con la rete dei fili bianchi tesi, che impedivano ed insieme generavano il movimento. In un continuo “ alto basso” la danza usciva infine dall’intrico dei fili e si risolveva in un assorto camminare in fila indiana per la discesa, sino a svoltare sotto l’arco per poi proseguire. Il pubblico di fronte a questo spettacolo ha reagito in maniera attenta partecipe: alcuni spettatori sono entrati anch’essi tra i fili, imitando i ballerini e dimostrando così di avere colto lo spirito di questo avvenimento. L.F.

L’arte Lettera ad un amico di Elisabetta Marchetti.

Penso ad un mio amico, alle sue opere di pittura, scultura, teatro, penso a quella grossa mano di piombo che sta lì aperta sul mobile della sala. O alla colonna che ruota su se stessa E sale a libretto verso l’alto, col suo bianco granitico, a ricordarmi che ascendere è faticoso, ma è il solo modo che abbiamo per sentirci vivi. L’ascesa…. Mi ricorda l’esempio di S.Francesco, la porziuncola, il dono del mantello, ed il bianco immacolato della basilica di Assisi. Vorrei amico pittore scultore, regista, raccontarti la mia storia, dirti quanto in quelle esili figure colorate che hai disegnato ultimamente su pannelli ruvidi di cartapesta ci sia la vita, quella vita leggere come un trine, trasognata ed inconsapevole, che giace in attesa, sospesa tra le acque del liquido amniotico, durante l’esistenza prenatale, e mi chiedo se dopo, quando usciamo alla luce, la vita che ci tocca vivere non sia un reiterarsi dei sogni che ci traversavano la mente in quel prima informe ed acquatico. Guardo le tue opere, caro amico, e penso che senza quello sguardo inconsueto la vita in questa prosaica città, sarebbe un monotono ripetersi di atti svuotati di senso, che anche questo natale rischia di essere risucchiato dalla retorica dei vogliamoci bene di circostanza. Ed allora penso a S.Francesco, rivedo quella colonna di granito che sale fino quasi a toccare il soffitto e mi rincuoro. La vita sta altrove, il bianco del tuo granito, l’ampiezza di quella mano che aperta esce da un blocco di peso insostenibile mi dicono che ad altro siamo chiamati e che senza quei segni, saremmo corpi senz’acqua, res extensa che affonda e rischia con il suo peso di premere troppo sul fondo dell’antica placenta.


- DESIGN -

Nei modelli della serie “SUONI” i colori delle note musicali divengono forma, l’oggetto scultoreo entra nell’architettura d’interni con la semplicità e la raffinatezza di una perfetta realizzazione tecnologica. Ricchi di suggestioni musicali, che ritornano anche nei particolari costruttivi, questi modelli possono far parte di qualsiasi scelta architettonica d’ambiente. Il design nato dall’esperienza di un architetto e di uno scultore ci porta a scoprire le note ed il colore di un oggetto attuale ma che appartiene alla nostra memoria.

In the “SOUNDS” range models, the colours of the musical notes take on shape and sculptural object fits any style of interior decorating with the artlessness and refinement typical of perfect technological execution. Rich in musical suggestiveness, to be found also in the manifacturing details, these models can joy any choice of interior decorating. The design arises from the experience of an architect and a sculptur, gradually makes us detect the notes and the colour typical of a contemporary object which is however reminescent of our recent past. Serie prodotta da Brandoni s.r.l. – www.brandoni.c

Studi

-diplomato nella sezione metalli e oreficeria sotto la guida dello scultore Edgardo Mannucci preside dell'Istituto Statale d'Arte di Ancona
- allievo dello sculture Valeriano Trubbiani all'Istituto Statale d'Arte di Ancona e all'Accademia di Belle Arti di Macerata, dove si è diplomato nella sezione di scultura
- allievo in storia dell'arte dei critici Carmine Benincasa e Pierluigi Siena
- ha seguito per la pittura le lezioni del maestro della nuova figurazione Remo Brindisi; allievo di Antonello Falqui
e Luciano Gregoretti per la regia, dello scenografo Cesarini da Senigallia e del regista Giulio Macchi per la storia della percezione


NOTE BIBLIOGRAFICHE ATTIVITA’ ARTISTICA

• “Immagini dell’Accademia di Belle Arti di Macerata 1972-73 “ – Macerata 1974
• “Arte – Giuseppe Ceramicola” di Plinio Acquabona in Ancona Provincia 8 -9 1977
• “Giuseppe Ceramicola , termini di un linguaggio – scultura” – Giammario Olivieri – in “Praxis Artistica – mensile d’arte e cultura” 5-6-7 ottobre 1977
• “Giuseppe Ceramicola ” - “Praxis Artistica – mensile d’arte e cultura” 1-2 gennaio febbraio 1978
• “Giuseppe Ceramicola ” - “Praxis Artistica – mensile d’arte e cultura” 3-4-5 marzo aprile maggio 1978
• “Giuseppe Ceramicola ” - “Praxis Artistica – mensile d’arte e cultura” 10 – dicembre 1978
• “ Porto Potenza Picena, 400 opere alla mostra a favore della pinacoteca” – ne “Il messaggero” 17 agosto 1978
• “Il rovescio della medaglia” – Franco Legrottaglie – Fasano febbraio 1979
• “Lo spazio possibile – Galleria arte moderna di Ancona” a cura di Giulio Angelucci – Ancona 1980
• “Artigianalità e ruralità oltre la tradizione – Triennale Palazzo Bosdari” a cura di Giulio Angelucci – Ancona 1982
• “Premio Marche 1989 – Biennale d’Arte Contemporanea – Palazzo degli Anziani Ancona” a cura di Fabiola Brugiamolini - 1989
• “The Stranger directory” in “Lo straniero – tool of mail art and comunication” n.9 1990
• “Secondo premio Trevi Flash Art Museum” a cura del Trevi Flash Art Museum - Giancarlo Politi Editore – Trevi - febbraio 1997
• “Prima Biennale d’Italia di Arte Contemporanea” ” a cura del Trevi Flash Art Museum - Giancarlo Politi Editore – Trevi - marzo 1998
• “1st International Biennal of Contemporary Art” a cura del Trevi Flash Art Museum - Giancarlo Politi Editore – Trevi - giugno 1998
• “Primo premio nazionale di architettura” a cura del Trevi Flash Art Museum - Giancarlo Politi Editore – Trevi - maggio 1999
• “ Millenium 2000 – Strange Days - Mostra Internazionale di Mail-Art – Pistoia” – Pistoia 1999
• “Vinimmagine 2001 – VII rassegna grafica etichetta d’artista” - Armado Ginesi- Cupramontana 2001• “Vinimmagine 2002 – VIII rassegna grafica etichetta d’artista” - Armado Ginesi- Cupramontana 2002
• “Filottrano arte 2000” – Armando Ginesi – Moie – (AN) – settembre 2003• -Progetto di Mail Art " L' ARTE E' UN' ESPERIENZA VERIFICALE " del 1992 archivio di mail art – arte e letteratura - "LUIGI PIRANDELLO" di Sacile (PN) – ITALY – note critiche a cura di Andrea Bonanno -
• “La Binnale di Venezia fa 50 ( e anche un po’90) “ di Andrea Bonanno 2003- archivio di mail art – arte e letteratura - "LUIGI PIRANDELLO" di Sacile (PN) – ITALY
• “Marche Arte 2004 – Aspetti dell’arte contemporanea marchigiana” – Armado Ginesi, Carlo Melloni – Ascoli Piceno – maggio 2004
• “ Un artista in copertina – Giuseppe Ceramicola” - “Bollettino trimestrale informativo dell’archivio di mail art “L.Pirandello” di Sacile (PN) – Andrea Bonanno – Anno XII n.53 aprile 2005
• “In nome di Francesco – Pinacoteca Internazionale Francescana delle Marche” A.Ginesi, G.Mandolini, L.Strozzieri - Falconara Marittima (AN) 2005
• “Ceramicola Arte - Note critiche” di Graziano Cicetti – “Galleria Virtuale di Arte Contemporanea Dimensione Arte” - 2005 - LE MARCHE E IL XX SECOLO ATLANTE DEGLI ARTISTI A CURA DI ARMANDO GINESI - GIUSEPPE CERAMICOLA Regista performer
NOTE STILISTICHE DI GABRIELE TINTI
Anno 2007


Informazioni personali

Giuseppe Ceramicola è nato il 24 febbraio 1952 ad Ancona, città dove vive ed opera.

e-mail - ceragi@ tin.it

Titoli ed Abilitazioni

- abilitato all’insegnamento di "Arte dei metalli e dell'oreficeria - Progettazione Immagine Elettronica “ “Arte della
fotografia e Cinematografia” " Audiovisivo Multimedia" “Disegno e Storia dell’Arte”, “Educazione Artistica”
- ha conseguito attestati di specializzazione in "tecnologia dei materiali per la scultura", "formatura e fusione dei metalli","elementi di regia", e ha ottenuto titoli professionali di "Arte della formatura e stucchi" ed "Arte della ripresa cinematografica e montaggio"
- è iscritto all' albo dei professori dal 1976 ed ha insegnato materie artistiche nelle scuole di primo e secondo grado

Rai "La Marca Magica, "La Sibilla" sceneggiato produzione rai 3

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Protagonisti principali, Il cavaliere germanico Giuseppe Ceramicola la sibilla Stefania Cempini

Conferenza "il Mandala e L'Arte nel Tibet"

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GIUSEPPE CERAMICOLA CON I MONACI DEL MONASTERO GANDENSHARTSE INDIA

"Video D'Arte"

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Convegno "Tele Pubblicità"

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Giuseppe Ceramicola - Luca Laurenti